“Cammina lento, a fatica, e il mare canta per attirarci entrambi, ma lui torna da me.”
Mi piacciono le ultime parole di un libro, perchè spesso riassumono perfettamente tutto ciò che l’autore o l’autrice ha voluto dire al suo interno. È così, per esempio, per le ultime parole de La Corsa delle Onde di Maggie Stiefvater, un romanzo young adult urban fantasy ambientato sull’immaginaria isola di Thisby, edito da Rizzoli nel 2012, in cui tutto è diviso tra andar via e restare.
La Corsa delle Onde è un libro in cui realtà e leggenda si mescolano e il lettore viene trasportato in un mondo in cui si può riconoscere. É un romanzo che analizza, in modo semplice ma efficace, le problematiche del passaggio da adolescenti a giovani adulti: le responsabilità che sentiamo caricate sulle spalle, i cambiamenti di mente e corpo che avvengono, il diverso modo di relazionarsi con le altre persone, i primi approcci all’amore…
La storia è lineare, lo schema narrativo classico – inizio, svolgimento, fine – eppure la semplicità della storia non toglie nulla al risultato, un ottimo risultato.
I Capail Uisce e la Corsa dello Scorpione
“È il primo giorno di novembre e quindi, oggi, qualcuno morirà.”
Thisby è un’isola difficile, dura, così come duri sono i suoi isolani, che lottano tutta la vita per sopravvivere - all'oceano, ai capaill uisce, alla povertà... - e che per un mese all'anno entrano in contatto con l'esterno, con il continente e i suoi abitanti. Sì, perché la particolarità di Thisby, della Corsa dello Scorpione che porta la gente del continente a invadere quello sputo di terra su cui a malapena cresce l’erba, sono i Capaill Uisce, i leggendari cavalli d’acqua che emergono dal mare a novembre e che si nutrono di carne, animale e non solo. Catturarli è già un’impresa, montarli poi, soltanto in pochi osano farlo.
La Corsa dello Scorpione si tiene il primo di novembre di ogni anno, spargendo morti in ogni dove, tirando fuori la sete di sangue dell'oceano, dei cavalli fatati, degli uomini. La morte corre con gli uomini, corre sotto di loro, personificata nei magici cavalli nati dall’oceano: il suo odore permea l’aria e la terra, è lì, onnipresente e fiera, temuta e sfidata.
Su una striscia di sabbia stretta tra le scogliere e l’oceano, i capaill uisce e i loro temerari cavalieri si affrontano in una corsa senza regole: vincere significa soldi e gloria, almeno per un anno, fino alla corsa successiva.
Ma quest'anno c'è qualcosa, qualcuno di diverso: Kate "Puck" Connolly, una donna, la prima, che parteciperà alla corsa montando Dove, una normalissima pony isolana. Kate Connolly, detta Puck, è un’orfana: vive sull’isola con i due fratelli, Gabe e Finn, dipinge tazze che tenta di vendere all’emporio del paese e monta Dove, la sua cavalla falba.
Ci si aspetterebbe derisione, o una certa condiscendenza paternalistica da parte degli intrepidi partecipanti alla Corsa, ma no: Puck è una minaccia, una donna che non sa stare al proprio posto, che osa scendere laggiù dove nessuna prima di lei ha osato.
Puck e Sean: i protagonisti de "La corsa delle onde"
Puck sfida le tradizioni, a testa alta nonostante gli spregi e gli ostacoli che le vengono messi di fronte, decisa nonostante l’incertezza che spesso la coglie. Perchè Puck lo sa che la sua cavalla è più debole, malnutrita, piccola, gentile dei mastodontici capaill uisce. E sa che lei stessa non è come gli altri: non è un cavaliere, non è un uomo, ha paura. Puck non corre per la gloria, corre per il denaro: suo fratello maggiore vuole lasciare Thisby, la vittoria di Puck renderebbe la partenza inutile e la famiglia Connolly resterebbe insieme.
Così Puck e Dove scendono sulla spiaggia intimorite, nervose entrambe, frementi: per gli uomini e le loro mostruose cavalcature non sono altro che una facilissima preda.
“Per il cielo e la sabbia e il mare e Corr.”
Sean Kendrick ha diciannove anni, è orfano come Kate ed è un esperto di cavalli – di tutti i cavalli – che lavora alle scuderie Malvern. Ama Corr, il capall uisce che ha ucciso suo padre, e ama l’oceano, che lo chiama come una sirena chiama un marinaio.
Dipendente di Benjamin Malvern, un uomo orribile la cui vita è completamente dedicata al guadagno, Sean è il migliore in quello che fa: indispensabile al padrone sia come stalliere che, soprattutto, come cavaliere durante la Corsa dello Scorpione.
Sean, di corse, ne ha vinte quattro, tutte in groppa a Corr. È un isolano, un ragazzo umile, silenzioso, dai desideri semplici: “Un tetto sulla testa, redini in mano e sabbia sotto di me”.
Almeno finchè non incontra Puck: lei sconvolge i suoi equilibri, tanto precari quanto familiari, lo mette di fronte a scelte che non aveva mai considerato prima.
Sean Kendrick non ha mai permesso a nessuno di montare Corr, ma desidera che lei lo faccia, che ci instauri un rapporto che, in qualche modo, la leghi a sè. Neanche Sean corre per la gloria: il primo premio gli permetterebbe di riscattare Corr ed essere finalmente felice, lui, Corr e l’oceano.
“È iniziato il conto alla rovescia.
L’oceano mormora ssssssssh, sssssssh.
Sollevano i pali.”
Quando arriva il giorno della Corsa, il primo di novembre, i pronostici danno Sean vincente mentre Puck è quotata 45 a 1 e tutto sembra già scritto: la tradizione vincerà di nuovo; Gabriel partirà per il continente; i morti fatti dallo Scorpione saranno il tributo dovuto all’oceano, dovuto a Thisby.
Tutto andrà com’è sempre andato, senza nessuno scarto dal tracciato secolare che a novembre solca la spiaggia di Thisby per poi essere cancellato dalla risacca…o forse no?
Sulla spiaggia insanguinata si chiude la corsa, i turisti se ne tornano sulla terraferma, Thisby ritorna all’apatia della quotidianità che caratterizza il periodo tra una Corsa dello Scorpione e l’altra: dietro di sé, una scia di cambiamenti e nuovi equilibri.
Tra terra e mare: vivere in un mondo diviso a metà
La prosa della Stiefwater è scorrevole e semplice: efficace e piacevole. La storia che viene raccontata è esattamente come l'oceano che descrive: profonda, talvolta in pace, talvolta in tempesta, imprevedibile. Una narrazione tranquilla che procede lineare, alternando i punti di vista di Sean e di Puck. Una narrazione che si velocizza man mano che la storia procede, che il momento della Corsa si avvicina. Ma non è solo il narratore ad alternarsi dall’uno all’altra. Tutto il romanzo è diviso in due: Sean e Puck; Thisby e l'oceano; i capaill uisce e Dove, una semplice pony isolana; chi vuole andare via, chi invece vuole rimanere.
“E non tutti provano questo senso d’appartenenza all’isola. Tu sì, però, non è vero?”
Thisby è un’isola povera, che vive di pesca e allevamento: ai suoi abitanti non offre niente di più che dure scogliere battute dal vento e dagli schizzi delle onde e allevamenti di pecore.
Com’è normale con una base del genere, c’è qualcuno a cui quello scoglio battuto dall’oceano sta stretto e che non vede l’ora di andarsene, di togliersi di dosso l’odore di pesce, di mandare i soldi a casa vivendo sul continente. È il caso di Gabe, il fratello maggiore di Puck, il motivo per cui lei decide di partecipare alla corsa.
Ma c’è anche chi, su Thisby, ha tutto quello che gli serve, come nel caso di Puck e di Sean.
Sean ha Corr, Puck ha Dove. Entrambi hanno Thisby, che sentono casa nonostante tutto. E questa sensazione di casa la ritroviamo nelle parole di Puck: “La brezza spira bassa sul terreno: porta con sé l’odore del mare e dei prati dell’isola e del fieno e dei cavalli. Per me è l’odore più dolce del mondo”.
Puck e Sean lottano per restare,
«Kate Connolly, chi vedi al tuo fianco? Una donna prende il nostro sangue. Una donna esaudisce i nostri desideri.
Ma il sangue su quella roccia è di uomini, di generazioni di uomini. Qui la questione non è se vuoi stare lassù oppure no.
Quella roccia non è il tuo posto. E adesso smettila. Scendi e finiscila di fare la bambina.»
Anche la corsa è divisa in due: per tradizione solo gli uomini partecipano, ma è una donna ad accettare il sangue In un mondo maschilista e tradizionalista come quello delle corse, Puck si infila a testa alta e incoscientemente. Lei e Dove sono così piccole e così normali da non avere chances; gli uomini la contrastano con ogni mezzo; fuori dai canoni come è non aveva amici prima, di certo non se ne farà adesso...o forse sì? Sean Kendrick è attratto da Puck come è attratto da Corr (il suo capall uisce) e dall'oceano: inesorabilmente. Silenzioso le si avvicina, la annusa, si innamora di lei nel modo in cui ci si innamora da giovani: in modo inaspettato, puro, ingenuo. E Puck ricambia, nel suo modo sospettoso di giovane donna decisamente poco consapevole di non essere più una bambina sporca di fango e somigliante ad uno dei suoi fratelli. Passi piccoli e al tempo stesso importantissimi: permetterle di cavalcare Corr, invitarlo a cena, allenarsi insieme...Puck e Sean condividono tanto, tutto in realtà. E la Corsa passa, per la maggior parte del romanzo, in secondo piano, riaffacciandosi inaspettatamente negli ultimi capitoli, in un precipitoso susseguirsi di dolorosamente meravigliosi eventi che conducono ad un finale forse inaspettato, ma (secondo me) "annusabile" da parte di chi, come Puck e come Sean, ami i cavalli o l'oceano: creature imprevedibili e temute e al tempo stesso profondamente amate e comprese.
La Corsa delle onde: considerazioni personali
Avete presente quei libri che vi vengono consigliati? Quelli a cui vi approcciate con il naso arricciato e i piedi di piombo perchè c’è qualcosa di strano? Quei libri che poi, una volta letti, vi sorprendono? Ecco, per me La Corsa delle Onde è stato questo: un libro che mi è stato consigliato, a cui mi sono approcciata piena di riserve e che mi ha piacevolmente sorpresa.
Il punto è, soprattutto, che mi è stato consigliato da qualcuno che ama profondamente i cavalli: io, al contrario, li guardo con sospetto, troppo alti e illeggibili per considerarli miei amici.
E, poi, nel petto ho un cuore che pompa sangue misto ad acqua salmastra, mentre il ritratto che la Stiefvater fa del mare è quello di qualcosa da temere.
Sorprendentemente, però, è stato proprio il ritratto dell’oceano a farmi amare questo libro: perchè l’oceano è tanto dolce quanto spaventoso, accogliente quanto terrificante e anche chi lo conosce bene vi si approccia con rispetto e una punta di sospetto, soprattutto d’inverno.
Io abito al mare, lo vivo tutto l’anno e non esiste periodo in cui quella distesa d’acqua salata sia più bella che in inverno.
E poi, Maggie Stiefvater è riuscita a trasportarmi in un luogo che conosco e al tempo stesso è completamente diverso da quello che ricordo: l’Irlanda.
Ci sono luoghi che ho visitato, di cui mi sono perdutamente innamorata e che adoro ritrovare nei libri che leggo. L’Irlanda, per esempio, ma anche Istanbul e il Portogallo.
In questo caso, tra le pagine de La corsa delle onde ho ritrovato tutta la magia, la meraviglia, la particolare durezza dell’isola di smeraldo: ho ritrovato tutto quello che, nell’ormai lontano 2011, mi ha fatto lasciare lì un pezzo di cuore e molto di più.
Non posso non essere grata a Ilaria, che mi ha consigliato questo libro con una passione che mi ha impedito di dire no. E non posso non ringraziare l’autrice, che è riuscita a trattare una storia d’amore e di vita in maniera che niente risultasse scontato.
Se avete amato l’Irlanda, se quest’Isola magica vi incuriosisce, vi consiglio vivamente di sprofondare nelle pagine de La corsa delle onde, di innamorarvi di Puck e Sean e Corr e tutto quello che, fantasticamente, Maggie Stiefvater dipinge: non resterete delusi.
Autrice: Luna Agostini, classe 1995, leggo cose fin dal primo giorno d’asilo: da allora non ho più smesso e non c’è niente che mi renda felice come leggere sul mare cullata dal rumore delle onde, non importa cosa o dove legga.
Il primo ricordo di letteratura importante che ho risale alla, credo quinta elementare, quando nell’antologia trovai un estratto da “Cent’anni di solitudine”: me ne sono innamorata perdutamente e ho passato i tre anni successivi ad aspettare di diventare grande a sufficienza per poter leggere quello che è diventato il mio libro preferito in assoluto.
Indecisa e mutevole come il mare (a cui appartengo e che amo), ho trovato nelle Lettere uno dei miei punti fermi.
Oltre a leggere faccio foto, scrivo racconti e recensioni, ascolto musica (infinito amore per l’Indie folk), viaggio.
Mi trovate su Instagram come @luna28195 e come @lagherta95 (come Lagertha95 mi trovate anche su Efp, Wattpad e Ao3).
Puoi leggere l'ultimo articolo di Luna qui.
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